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I silenzi e le solitudini di Giuliano Giuliani, il portiere di Maradona morto per AIDS

Campione d'Italia nel 1990, una Coppa Uefa con Maradona, poi la malattia, la solitudine e infine la morte. La storia del portiere di Napoli e Verona rivive oggi grazie al libro "Giuliano Giuliani, più solo di un portiere" di Paolo Tomaselli. Lo abbiamo intervistato.

 Quando scrivo a Paolo Tomaselli, giornalista del Corriere della Sera, per proporgli un'intervista è l'intervallo di Roma Bologna e sembra quasi un incrocio del destino. Proprio a Roma, infatti, nasce il protagonista del suo libro, "Giuliano Giuliani, più solo di un portiere", edito da 66thand2nd, e proprio a Bologna finisce, nel novembre del 1996.

Una carriera passata tra Arezzo, Como, Verona, Napoli e Udinese, campione d'Italia con gli azzurri nel 1990, portiere di Maradona, insieme al quale alzerà al cielo la Coppa Uefa. Poi la caduta: la scoperta di essere sieropositivo, la paura, il ginocchio che si rompe, il fisico che recupera ma poi si spezza di nuovo. Infine la morte, per Aids, una parola che fa paura tanto da non essere pronunciata. Un libro che si muove tra silenzi e solitudini, quelle di Giuliano Giuliani, che non poteva che essere un portiere. Un libro che accompagna il lettore lungo tutta la vita e la carriera di questo campione dimenticato, attraverso la precisione della ricostruzione, la fedeltà del racconto, della testimonianza diretta, ma sempre con garbo, con un tono delicato e allo stesso tempo accattivante. "Nel libro non c'è niente che non mi sia stato raccontato da fonti dirette - racconta Paolo Tomaselli, dal 2022 alla redazione sportiva del Corriere della Sera, tra Giro d'Italia, Tour de France, Juventus e Nazionale di calcio – il mio obiettivo era questo: fare una cosa piccola, ma giusta". Ci siamo fatti raccontare come si scrive un libro così bello e così difficile.

La prima domanda è al Paolo bambino, l'autore della lettera che apre il libro. Perché, tra tanti giocatori, il suo idolo era proprio Giuliani?

Fin dalle elementari ero impallinato con i portieri. Ogni volta che aprivo il giornale e andavo a guardare i tabellini, con il dito andavo a cercare subito loro, ero monotematico. Poi l'amore per Giuliano Giuliani venne fuori, banalmente, perché era il portiere della mia squadra, l'Hellas Verona. Io ero ancora troppo piccolo per avere come mito Garella, così quando iniziai a mettermi i guantoni, anzi, i guantini, in porta nella mia squadra c'era lui. La scintilla scattò lì.

"Giuliano Giuliani, più solo di un portiere", il libro di Paolo Tomaselli.
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Non ho mai visto giocare Di Bartolomei - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

C'è una parola tedesca che è intraducibile in italiano. è "Fernweh" e, letteralmente, significa "nostalgia per un posto in cui non si è mai stati". Un luogo fisico, una città, una via, uno scorcio. Un luogo dell'anima, dei sogni. Ogni volta che si parla di Agostino Di Bartolomei provo nostalgia, nostalgia di un'epoca mai vissuta, di una Roma non conosciuta, di un calciatore mai visto. Sono nato venti giorni prima di quel 30 maggio di Castellabate. Non ho mai visto giocare Di Bartolomei. E provo invidia a sentire raccontare certe cose. Provo nostalgia per quel calcio senza creste e tatuaggi, senza nomi sulla maglia. Ma si può essere gelosi di una cosa che non ti appartiene?

Quando nasce, invece, l'idea di questo libro?

Sinceramente una parte del materiale, di documenti da archivio, lo avevo iniziato a mettere da parte anni fa. Era il 2016, cadevano i vent'anni dalla morte di Giuliani. Ma rimase chiuso in un cassetto: il lavoro quotidiano aumentava, di tempo non ce n'era mai abbastanza. Come per tanti altri, la pandemia è stato uno shock e per metabolizzarlo ho iniziato a scrivere, riprendendo il filo di vecchie cose. Poi ci fu uno shock nello shock: la morte di Gianni Mura, nel marzo del 2020, con cui avevo maturato un buon rapporto negli anni dietro ai Tour de France e al ciclismo. Avevo iniziato a parlare con lui del libro, gli era piaciuta l'idea. La sua morte è stata una scossa.

Un libro, "Giuliano Giuliani, più solo di un portiere" che è un viaggio fuori e dentro il terreno di gioco, che guarda tanto al calciatore quanto all'uomo, ricostruendo passaggi complicati, intimi, personali. Quanto è stato difficile scriverlo?

Ti premetto che sono un giornalista sportivo e sono contento di esserlo, questo per dirti che non mi sento scrittore, quindi ho avuto delle difficoltà oggettive, delle parti da ricostruire e da sviscerare, da mettere nero su bianco. Cercavo ovviamente di non fare un libro scandalistico, non volevo fosse solo un racconto della carriera ma non volevo neanche ignorare le questioni di campo, le stagioni, le maglie, gli allenatori. Ho parlato di Giuliani con amici, conoscenti, colleghi, ho contattato almeno cinquanta persone, tra chi mi ha risposto e chi no. Nel libro non c'è niente che non mi sia stato raccontato da almeno due fonti diverse, tutto è frutto di testimonianza diretta, non c'è spazio alla fantasia. Ci sono stati poi anche momenti di lunga pausa, ma grazie anche all'editore che ci ha creduto sono soddisfatto del risultato finale. Il mio obiettivo era semplice: lasciare un ricordo diverso di questo campione.

Qual è stato il momento della vita di Giuliani che ti ha emozionato di più?

La parte che mi ha coinvolto maggiormente è stato il periodo tra quando scopre di essere sieropositivo e quando si rompe il ginocchio, ma vuole continuare a giocare, vuole tornare in campo. Pensare a questo giocatore, a questo uomo che nonostante tutto quello che gli sta succedendo si attacca ancora alla speranza, è stato veramente forte.

Giuliano Giuliani. Fonte foto: Corriere della Sera
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Claudio Garella, l'ultimo miracolo di Garellik - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

Claudio Garella ha compiuto molti miracoli nella sua vita. Il più grande di tutti è forse l'ultimo: riunire in un solo abbraccio due tifoserie storicamente nemiche come quelle di Napoli e Verona

Silenzioso, timido, ma anche geniale, fantasioso come le divise che disegna, Giuliani non può che essere un portiere. Qual è la specificità di questo ruolo?

In assoluto la solitudine. Oggi il portiere è parte integrante della squadra, ormai fa 600 passaggi a partita, fa iniziare la manovra, ma se sbaglia lui è finita. Ha una responsabilità diversa rispetto agli altri giocatori. È questo che lo rende una figura letteraria unica: dopo il centravanti, nell'immaginario, c'è il portiere. Lo abbiamo visto al Mondiale: c'è Mbappé ovviamente, ma c'è anche Martinez.

Dopo questo libro cambierà qualcosa nel ricordo di Giuliani?

Non ho la presunzione di arrivare a tanto, se cambia il ricordo in chi lo legge ho raggiunto il mio obiettivo. Questo è un mondo che macina tutto con grande fretta, figuriamoci una storia di trent'anni fa. Non mi faccio illusioni in questo senso, eppure in questi mesi ho ricevuto attestati importanti, da parte di chi non lo conosceva, di amici, di colleghi. La mia idea di libro era questa: fare una cosa piccola, ma giusta. 


Fonte foto in copertina: Fanpage.it

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