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#2 I vuoti di Hool e di Heiko, riempiti a suon di cazzotti

Il libro di Philipp Winkler, Hool, è a metà tra Fight Club di Chuck Palahniuk e Trainspotting di Danny Boyle. Ma al centro c'è il calcio. O meglio il tifo. 

Alla base delle grandi passioni, anzi, al loro cuore, c'è quasi sempre un vuoto. Un vuoto da colmare, non importa tanto con cosa. Come potrebbe importare se la tua vita passa da una rissa a una pinta di birra, da una canna rollata alla perdita di un amico? Cosa potrebbe importare se hai vissuto per tutta la vita con un padre alcolizzato, sei stato abbandonato da tua madre, sei innamorato di una tossica e sei cresciuto con il mito di tuo zio hooligans?

Il libro di Philipp Winkler parla proprio di questo. Il titolo è Hool, uscito in Italia per 66thand2nd, e significa proprio hooligans, ma fa un rumore diverso. È un suono, un urlo tribale, un canto di lotta dei suoi protagonisti. Perché Heiko, suo zio Axel, i suoi amici Kaj, Ulf e Jojo, sono un gruppo di tifosi dell'Hannover 96, squadra del campionato di calcio tedesco. Il loro campo però non è lo stadio, dove vanno raramente, il loro terreno da battaglia è fuori, nelle strade isolate, in periferia, nei boschi fuori città dove la polizia non può arrivare. Basta un messaggio, una chiamata all'altra tifoseria, un appuntamento. Poi qualche regola fissa, quasi un codice d'onore: niente coltelli, solo mani, non si mena chi è a terra. E inizia la baldoria.

"C'è differenza tra ultras e hooligans, una differenza che in Germania è evidente, ma in altri paesi è più sottile – spiega Philipp Winkler - Nel primo caso parlerei di una cultura giovanile, a vocazione di massa, mentre per gli hooligans il discorso è diverso. Si tratta di un circuito molto più ridotto, meno articolato dal punto di vista simbolico e che non raccoglie tanto gli adolescenti, ma ragazzi più grandi e, come nel caso di coloro che hanno cominciato a picchiarsi sugli spalti negli anni Novanta, uomini sulla quarantina. Per loro la violenza è una sorta di urgenza, non solo qualcosa che ha che fare con i meccanismi di socializzazione, ma che riguarda la propria identità, direi quasi il proprio istinto".

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Hool racconta i frammenti di vita di Heiko e gli altri senza retorica, senza giudicare. Il linguaggio è crudo e diretto, come i cazzotti che si danno i tedeschi tra il fango, la trama avvincente e non banale. Ingredienti che sono valsi a Winkler la vittoria del ZDP Aspekte Literaturpreis 2016 e un posto nella finale del più importante premio letterario tedesco, il Deutscher Buchpreis. Classe 1986, l'autore tra i sobborghi di Hannover ci è nato e cresciuto. Oggi vive a Lipsia, dopo aver girato tra Kosovo, Albania, Serbia e Giappone. "Il romanzo è ambientato nella mia zona, il protagonista, Heiko, ha all'incirca la mia età e come me viene da una famiglia operaiaha raccontato l'autore a Il Manifesto - Volevo scrivere ciò che avrei sempre voluto leggere, vale a dire un romanzo sul fenomeno dell'hooliganismo in Germania che fino ad ora è stato trattato solo attraverso inchieste e reportage. Così, già quando studiavo scrittura creativa all'Università di Hildesheim ho cominciato a prendere appunti e ad immaginare una storia che almeno in parte è poi confluita in Hool".

Il libro, che è stato portato sulla scena dal regista teatrale Lars-Ole Walburg, non giudica e soprattutto non si compiace. Osserva e descrive. Studia il modo in cui queste schegge impazzite fanno i conti con la loro vita estrema e dimenticata. Dove tutto cambia e si trasforma, dove niente ha valore. E così, per colmare un vuoto, ci si attacca a qualcosa di altrettanto, apparentemente, privo di senso: il calcio, i colombi del nonno, la carriera, un posto di lavoro, la tigre di Arnim, i cazzotti, la birra.

A tratti Fight Club di Chuck Palahniuk, a tratti Trainspotting di Danny Boyle, anche se "in realtà quando ho scritto Hool credo di essermi ispirato, sia per quanto riguarda la lingua e i dialoghi che, per così dire, il «materiale didattico», più ad Arancia meccanica di Burgess che ad altro".

Aldilà della violenza e delle droghe vendute sottobanco in palestra, Hool nasconde un romanzo di formazione incompleto che è tutto nelle scelte e nelle parole di Heiko, nelle sue notti in macchina a guardare la luce accesa della casa della ragazza che ama senza salire, nel sangue che leva con cura dai vestiti dopo ogni rissa senza smettere di lottare. Nel guardare il vuoto che ha dentro, senza smettere di provare a colmarlo. 


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