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Idee per una nuova cultura: Flavio Tranquillo, "Lo Sport di Domani"

Il 31 gennaio ha compiuto 60 anni Flavio Tranquillo, la voce del basket su Sky Sport, autore di un saggio per riflettere sui problemi dello Sport in Italia: dalla scuola al professionismo, dalla cultura alla Superlega. 

Il libro di Flavio Tranquillo, "Lo sport di domani".

 Per gli appassionati di basket è LA voce dell'NBA, il telecronista che ha portato le stelle americane nelle case degli italiani sin dagli anni Novanta, in coppia prima con l'avvocato Federico Buffa e poi con Davide Pessina. Oltre alle celebri telecronache della Nazionale (nelle fortunate spedizioni europee del 1999 e del 2003) e della Legabasket, oggi segue il percorso dell'Armani Exchange Olimpia Milano in Eurolega su Sky Sport.

Quasi venerato per la sua conoscenza del gioco (fu anche allenatore e arbitro, in gioventù), Flavio Tranquillo è, in realtà, un esperto di Sport ad ampio raggio, attento all'intreccio tra questo mondo e quelli dell'economia, della società e della cultura. Dopo aver documentato l'inchiesta che ha portato nel 2014 al fallimento della Mens Sana Siena targata Monte Paschi, nel 2020 ha dato alle stampe una lucida riflessione sui problemi dello Sport di oggi e sulle sue prospettive future.

 Flavio Tranquillo tra sport e cultura

"Lo Sport di domani. Costruire una nuova cultura" (Add editore) è un saggio che prova a rompere alcuni dei "muri di gomma" che condizionano le narrazioni che si fanno sullo Sport, dalla politica alla vita comune. Il primo assunto, apparentemente scontato, riguarda il sistema piramidale che sta alla base del nostro sport: se si guarda solo alla FIGC, in Italia i calciatori «il rapporto tra professionisti e tesserati è del 1,1%, per cui 99 su 100 non vivranno di sport».

È giusto che professionismo e dilettantismo siano dentro un unico sistema, con analoghe regole di funzionamento? Se si guardano le elezioni federali degli ultimi anni, da Tavecchio, a Gravina, passando per Abete e Lotito, si capisce come non può essere efficiente un contenitore che tiene insieme realtà come Serie A, Serie B, Dilettanti e calcio femminile: i tanti fallimenti di società sportive dell'ultimo decennio sono lì a dimostrarlo.

Il secondo assunto, fuor di ipocrisia, è che per ripensare lo sport non bisogna spaventarsi della parola business. A che serve un panorama dilettantistico in cui la maggior parte dei giocatori fanno sport come hobby del dopo-lavoro? Come può una società dilettantistica pensare di stare in piedi solo grazie agli sponsor di imprenditori privati? E ancora, quanto può essere sostenibile un mondo del calcio che accumula debiti senza che aumentino i ricavi?

In una scrittura densa di riferimenti all'economia, agli sport nostrani ed esteri (americani in primis), Tranquillo organizza le sue riflessioni in tre parti: Sport-Cultura, Dilettanti e Professionisti. Parte dal principio secondo cui lo Stato deve liberarsi di buoni propositi e assumere concretamente lo Sport come principio di civiltà. Implementare l'attività fisica sin dalla scuola dell'infanzia; investire nei giovani, negli insegnanti e (soprattutto) nelle strutture per formare nuovi cittadini sani e consapevoli, prima ancora che bravi atleti: un costo per lo Stato, un beneficio per la comunità tutta.

Flavio Tranquillo e Federico Buffa. Fonte: Undici.

 Uno sguardo all'Europa

C'è spazio per le criticità dello sport dilettantistico, quello praticato dalla maggior parte degli atleti. Si riflette, ad esempio, sui motivi per cui il calcio femminile non è ancora inquadrato nello sport professionistico: e la ragione, più che nella cultura, va ricercata nell'economia, nelle leggi sulla fiscalità e sui contributi previdenziali (in sostanza, il passaggio al professionismo non è conveniente).

C'è spazio, infine, per un paragone tra il nostro calcio e alcuni competitors nel mondo. Da studioso e appassionato di Sport americani, Tranquillo non demonizza la Superlega in nome del principio democratico delle pari opportunità: guardando i dati, quanti Leicester esistono nei principali campionati europei? È passato quasi un anno dalla contestatissima costituzione della Superlega, un progetto subito abortito, più per ragionamenti a priori che per il merito dei problemi che vi erano a monte. Esempi come l'Eurolega di Basket (competizione privata cui si partecipa grazie alle licenze), o il salary cap dell'NBA (un tetto salariale, finalizzato all'equilibrio competitivo) non vanno demonizzati per principio, ma guardati come possibili modelli di riferimento.

Proprio alla fine di un mercato scoppiettante nelle sue battute finali (Vlahovic e Zakaria alla Juventus, Goesens all'Inter), negli ultimi giorni Marotta ha lanciato l'ennesimo allarme di un calcio prossimo al default: la Superlega non era forse la soluzione ideale, ma una risposta sbagliata non cancella le domande corrette.

Nelle sue pagine, Flavio Tranquillo non solo scova in fondo a quelle domande, ma prova anche a suggerire alcune risposte per ripensare lo Sport di domani. E prova a farlo cercando di «planare sulle cose dall'alto», come il Calvino delle Lezioni americane.

Nel fare gli auguri a un mostro del giornalismo, siamo noi che ti diciamo grazie, Flavio.


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