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"Il calciatore è un fingitore", il legame tra il verso e la metrica del campo per Gian Piero Stefanoni

20 e più poesie sul giuoco del calcio. L'opera di Gian Piero Stefanoni, "Il calciatore è un fingitore", entra nel rapporto tra tifoso e calcio, interrogandosi e interrogandoci: perché amiamo questo sport? 

Autore: Gian Piero Stefanoni

Pubblicato da: LaRecerche.it

Prima edizione: maggio 2019

Presentazione del libro

Cos'è che spinge l'uomo ad appassionarsi ed emozionarsi al gioco del calcio? Cos'è che spinge Gian Piero Stefanoni – come da lui stesso ammesso nell'introduzione – ad essere curioso persino della quarta serie austriaca?

Queste sono le domande che l'autore si pone, e cerca di trovar loro risposta (una risposta ovviamente soggettiva, che trova fondamento nella sua esperienza di appassionato e tifoso di calcio) scrivendo nero su bianco i suoi pensieri sotto forma di brevi componimenti poetici, poiché Gian Piero crede che esista un intimo legame tra il verso e la metrica del campo.

La struttura del libro ricalca sostanzialmente la scansione temporale di una partita di calcio. L'autore, infatti, dopo l'introduzione e il prologo, suddivide il corpo centrale del testo in tre capitoli: L'entrata, Secondo tempo, Fuori campo. In coda si trovano poi una Postfazione, una Nota dell'autore e, infine, i Ringraziamenti.

Prologo – Largo degli ammiragli

Merita una lettura attenta il Prologo, molto breve, composto solo ed esclusivamente da una poesia, Largo degli ammiragli, che il poeta dedica ad Agostino Di Bartolomei. Ritengo opportuno riportare per intero il testo di tale componimento perché credo aiuti a rievocare immagini di fanciullezza a tutti coloro che hanno vissuto la propria adolescenza a rincorrere un pallone per le vie, per i vicoli, per le piazze o per i giardini del proprio paese. Questa poesia è stata scritta nel 2014, e nell'aprile di tal anno è uscita su LaRecherce.it nella sezione Poesia della settimana.

Ecco qui il testo:

Largo degli Ammiragli

per Agostino Di Bartolomei

Danzano prima del tocco

a chiamare il battito, i bambini

attendendo la palla, gli occhi

distesi fra il compagno e la strada.

In loro è ancora il Brasile

e la sragionata arte del non punteggio,

del cielo quei pochi metri

fra il calzettone e il tiro.

Sarà la tattica a vincerli poi,

a disperderli via dal traffico;

lanciati a un'altra vita,

lanciati a un altrui ordine.

...

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Le regole di Massimiliano Allegri, tecnico della Juventus, raccontate nella sua biografia, tra Cristiano Ronaldo e i "polli di allevamento". 

L'entrata

In questo primo capitolo, lo scrittore mette in versi alcuni dei più importanti incontri avuti con il gioco del calcio nella propria infanzia, a partire da La prima. Borussia-Inter, ovvero la prima partita vista con il padre. Si tratta della partita Borussia Mönchengladbach – Inter, valevole per l'andata degli ottavi di finale della Coppa dei Campioni. L'incontro venne disputato il 20 ottobre 1971, lo vinse il Borussia ma venne annullato a causa del lancio di oggetti in campo dalle tribune, tra cui delle lattine. Quella partita è infatti passata alla storia come "partita della lattina" (nello schermo di contrasti e celebri lattine). La gara, quindi, si disputò nuovamente il 1° dicembre 1971, e terminò 0-0. Quel pareggio, tuttavia, al tempo stesso fu una sorta di vittoria per lo scrittore poiché aveva fatto il suo incontro con il calcio (di un pari a reti nulle di incomprensibile vittoria).

Gian Piero continua a raccontare in versi episodi della sua vita, per esempio, in Stella Mattutina ricorda di quando le Suore delle Piccole Ancelle del Sacro Cuore di Roma portavano la sua classe di Prima elementare a correre proprio nell'area della Stella Mattutina, dove oltre alla corsa si giocava anche a pallone. Ecco qui un frammento della poesia:

Balza e rimbalza, balza e rimbalza

la pallina e la destra, la pallina e la testa

sul cancello e sul muro, dall'occhio

alla gamba- dal sogno al suo tiro.

[…]

Viene poi celebrata la figura di Alessandro "Sandro" Mazzola nell'omonima poesia (Sandro Mazzola); la partita Lazio-Verona (1972-73); i mondiali del 1974 (Monaco '74); ricordata la prestazione di Re Cecconi nella vittoria della Lazio sul Milan per 4-0, nel maggio del 1976 (Re Cecconi). Troviamo ancora altri componimenti come Diavoli volanti; Italia-Bayern Monaco; Francesco Rocca; Che tu poi. Mi preme poi soffermarmi un istante in più su due poesie. La prima è Foro italico. In questi versi, Gian Piero racconta di un Roma – Inter della stagione 1974-1975, conclusosi 1-0 per i giallorossi, decisivo un gol di Pierino Prati (Piero gol! Piero gol! Piero gol!). Ma che cosa emerge, principalmente, da questa poesia? La scelta dei colori da tifare, non quelli neroazzurri dell'Inter, la squadra del padre, bensì quelli giallorossi della Roma. Ecco qui un frammento della poesia Foro italico:

Nessuna sfida,

papà dallo straordinario amore.

Solo una rivolta di vento e di colore.

Non Milano, non Inter,

Ma il giallorosso di Roma

[…]

La seconda poesia su cui voglio indugiare un momento è Italia-Polonia. La partita è del 19 aprile 1975, ma perché è così importante per lo scrittore? L'immagine che risalta dai versi della poesia è toccante: Gian Piero, scorrendo i canali della televisione, nota che sta andando in onda una replica di quell'incontro, che lui a suo tempo vide in diretta con suo padre. Il suo pensiero, quindi, non torna tanto alla partita in sé, bensì a quel momento trascorso con il suo amato padre Arrigo. Ecco le parole scelte con cura da Gian Piero:

La stanno ridando sul digitale,

figurati, ora che non ci sei-

ora che è solo dolore a saperti

là ancora vivo, con me alla tua mano.

[…]

...

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Questo raccontino fa parte della raccolta "Palloni smarriti". E' ispirato ad un fatto realmente avvenuto. Sono stati cambiati solo i nomi dei protagonisti. 

Secondo tempo

Nella seconda parte della raccolta di versi, Gian Piero continua nel racconto poetico del proprio rapporto con il calcio, dando così voce alle proprie emozioni. Dedica ai propri fratelli un componimento ciascuno, entrambi intitolati in modo molto semplice e diretto, ovvero con il loro nome: Tullio e Andrea. Destina un ampio spazio alle poesie dedicate a Roma e alla Roma (Roma dai suoi campi; Roma-Torino; Ponte Milvio; Paulo Roberto (Falcao); Roma-Colonia). Completano poi l'elenco delle poesie i seguenti titoli: US MN'77; Genova per me; Terry Mc Dermott; Vincenzo Paparelli e Sarria.

Come per il primo capitolo, anche per il secondo desidero soffermarmi in modo particolare su due componimenti.

Il primo è Vincenzo Paparelli. In questa poesia, l'autore riporta alla memoria la domenica del 28 ottobre 1979, quando durante il prepartita di un derby di campionato tra la Roma e la Lazio, dalla curva romanista partì un razzo che colpì a morte Vincenzo Paparelli nell'opposta curva laziale. Questa la poesia di Gian Piero Stefanoni:

Vincenzo Paparelli

Una domenica- plumbea- d'ottobre

ruppe il segreto- si veniva bambini

da un pari bianco via Salaria, da lividi

di piccoli corpo a corpo di paese.

"Hanno colpito dopo le parole.

Hanno ucciso una persona con un razzo".

I dieci e cento e mille Fiorillo

che hanno colpito anche dopo nelle parole-

dal buio di una partita infinita- in Gabriele

e Marco e Wanda la violazione del nome,

il rigetto di una umanità contesa.

La seconda poesia su cui pongo l'accento è Sarria. Con questi versi, Gian Piero vuol celebrare quanto avvenne nello stadio spagnolo "Sarria" (inaugurato nel 1923 e demolito nel 1997), ovvero la tripletta con cui Paolo Rossi stese il Brasile ai mondiali del 1982 in Spagna. Ecco i versi messi nero su bianco dal poeta:

Sarria

Qui fu la quadratura del cerchio- il glomerulo

in agguato- nella firma in calce triplice.

Qui l'adolescenza già perfetta-

nel corpo dell'abbandono, l'abbandono

del corpo prima del suo patire.

"Chi lo teneva!?!" Chi lo teneva

insieme a noi sulle gambe di pubera postura:

"Paullo Rossiii… Paullo Rossiii…"

nel pianto strozzato del cronista?

Fuori campo e postfazione

Gian Piero chiude la sua raccolta di versi scrivendo un componimento dedicato a tutti i dimenticati terzini, ad Uliveri.

Infine, nella postfazione, Simone Cola cerca, di fatto, di rispondere ad una domanda simile a quella che Gian Piero Stefanoni si è posto nell'introduzione, ossia: perché amiamo così tanto il calcio? E poi aggiunge: perché uno sport nato per nobili gentiluomini si è trasformato in quello più popolare al mondo? Gian Piero, nel corpo centrale del libro, e Simone, nella postfazione, danno la loro motivazione, trovando un punto di incontro principalmente nell'idea romantica del calcio, ovvero inteso come un qualcosa di poetico e artistico, come un mezzo per raccontare storie che non parlano solo del lato sportivo.

Al tempo stesso, è un po' come se questa domanda venisse posta a noi lettori, offrendoci così uno spunto di riflessione: perché amiamo così tanto il calcio? 

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