Le origini del calcio femminile in Italia raccontate in "Giovinette - Le calciatrici che sfidarono il duce". Ne abbiamo parlato con l'autrice, Federica Seneghini.
"Se c'è uno sport che la donna non dovrebbe praticare, esso è proprio il giuoco del calcio" scriveva la rivista "Lo Sport Fascista" nel dicembre 1931. È con questa citazione che si apre il romanzo storico "Giovinette – Le calciatrici che sfidarono il duce" di Federica Seneghini e con un saggio di Marco Giani, edito da Solferino.
Dentro c'è la storia di Rosetta, Giovanna, Marta, della Zanetti, della Strigaro, della Lucchi. Amiche, tifosissime dell'Inter, appassionate di calcio, tanto da fondare negli anni Trenta il Gruppo femminile calciatrici milanese, la prima squadra di calcio in Italia. Nell'Italia fascista, però, fatta di stereotipi e pregiudizi che, secondo l'autrice, durano ancora oggi. "L'idea del libro mi è venuta proprio durante i Mondiali femminili di calcio nel 2019. Lavoro nella redazione online del Corriere della Sera e mi è capitato di leggere e di ascoltare commenti poco carini nei confronti delle calciatrici, battute, luoghi comuni. Così mi è venuta l'idea di andare a scoprire e di capire quand'è che le donne hanno iniziato a giocare a calcio". Un lavoro nato nel giugno del 2019, che avrebbe dovuto vedere la luce nel marzo 2020, ma con l'esplosione della pandemia il libro è uscito a giugno. "Trasformare gli articoli e le fonti in romanzo non è stato semplice – ci spiega Federica Seneghini - c'erano tanti personaggi, tante relazioni, bisognava dargli un profilo psicologico, dare una trama, ricostruire".
Le calciatrici statunitensi guadagneranno quanto i loro colleghi uomini - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo
L'avversione del regime al calcio femminile
Insieme a Marco Giani, il massimo esperto di storia del calcio femminile in Italia, docente e scrittore, l'autrice è andata alla ricerca delle fonti, anche quelle dirette: "Abbiamo trovato Grazia Barcellona, che aveva 90 anni nel 2019, e la storia della squadra è anche la storia della sua famiglia. Abbiamo parlato con il nipote di Carlo Brighenti, l'unico giornalista che parla bene di queste ragazze nella loro avventura che dura meno di un anno".
Un sogno che dura poco, anche perché il regime ha le idee chiare: le donne il calcio non lo possono giocare. "Anche se va detto che c'erano idee diverse: Leandro Arpinati, ad esempio, le appoggiava, sosteneva lo sport al femminile e si era speso per il nuoto, altro sport che aveva molti detrattori: far vedere le gambe in pubblico era poco consono per le ragazze. Stessa cosa per l'atletica, disciplina in cui l'Italia brillava: andare agli allenamenti in pantaloncini era sconveniente. Il calcio era ancora più difficile, il calcio non si era veramente mai visto. Inoltre questo è uno sport di contatto, prevede lo scontro, la caduta, prevede lo sporcarsi, a differenza dell'atleta che corre o che nuota, da sola. Perdere la grazia tipica delle donne era grave, non era da vedere o da far vedere".
In Qatar una donna violentata è stata condannata a 100 frustate e 7 anni di prigione - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo
Un'economista che lavorava nel Comitato Organizzatore dei Mondiali di calcio in Qatar, Paola Schietekat, è stata condannata dopo aver denunciato gli abusi sessuali subiti.
Stereotipi di ieri e di oggi
Eppure le ragazze milanese vanno avanti, caparbie, sicure. Iniziano ad allenarsi, a scrivere ai giornali, a fare le selezioni. Sono a un passo dalla prima partita ufficiale quando il regime le ferma. "Il calcio nell'Italia del 1933 è già lo sport per eccellenza, lo sport su cui il regime puntava tantissimo: costruisce stadi, organizza i mondiali, anche la stampa e i quotidiani erano pieni di calcio".
"Il calcio femminile non è né calcio né femminile", questa è la frase che Federica Seneghini mette in bocca al custode del campo dove le giovinette si allenavano. "Ed è la stessa frase che ho sentito nel 2019 da un conoscente. Questi pregiudizi, queste battute si sentono ancora adesso. Nelle interviste alle calciatrici la prima domanda che si fa è "Perché hai scelto il calcio", una domanda che non ti verrebbe mai in mente di fare a un calciatore". Eppure qualcosa si sta muovendo nel movimento femminile italiano: "Dal 2019 ad oggi sono passati tre anni, che sembrano pochi ma sono stati fondamentali per la crescita del progetto. E i Mondiali in questo hanno dato una spinta enorme. Nel 2019 abbiamo visto tutti, appassionati e no, una squadra femminile giocare sulla Rai. L'anno scorso i diritti delle partite li aveva Sky, oggi i match della Serie A vanno su La7. E oggi la visibilità è tutto".
Commenti (0)