Questo raccontino fa parte della raccolta "Palloni smarriti". E' ispirato ad un fatto realmente avvenuto. Sono stati cambiati solo i nomi dei protagonisti.
Un'eredità può cambiare la vita. Non è necessario ricevere un lascito dal classico zio d'America, può bastare anche una vecchia zia delle campagne maremmane che si ricorda, prima di andarsene, di lasciare qualcosa a un nipote premuroso. Così capitò a Omero che una volta valicata la porta dei cinquant'anni fu convocato da un notaio che gli comunicò che sua zia Angelina l'aveva inserito tra i suoi eredi, lasciandogli un appartamento a Grosseto e ottanta milioni di lire in buoni postali, una bella cifra nel 1977. Omero viveva a Cupi, una frazione del comune di Manciano, nelle campagne a sud di Grosseto. Una terra fertile, baciata da un clima mite, grazie alla vicinanza col mare, e difesa dalle intemperie dalle colline che la circondano. Omera viveva del lavoro e dei prodotti della sua terra. Aveva una casetta che si affacciava su un appezzamento di terreno che produceva, con l'alternanza delle stagioni, carciofi, spinaci, pomodori e soprattutto grano. Omero viveva da solo da una trentina d'anni, dopo che aveva perso, uno dopo l'altro, i suoi genitori. Il padre era contadino come lui, la mamma, casalinga, era la sorella di sua zia Angelina che, una volta che il nipote era rimasto solo a vent'anni, aveva creato con lui un rapporto molto forte. Affetto che Omero ricambiava, soprattutto col passare del tempo quando la zia era invecchiata e bisognosa d'assistenza. Angelina era nubile e decise di lasciare tutto a Omero e ad un'altra nipote, figlia di un'altra sorella, che viveva a Roma.
La casa di Grosseto era quella dove viveva la zia che, a differenza dei genitori di Omero, non amava la campagna e preferiva le comodità della città. Anche Omero, che di distrazioni se n'era sempre concesse poche, avrebbe preferito la città ma era troppo attaccato alla sua casa nelle campagne di Cupi, anche in ricordo dei genitori. Con la casa avuta in eredità decise, però, di dare una svolta alla sua vita: si sarebbe spostato a Grosseto, tanto la distanza con Cupi e la sua terra da curare non era eccessiva.
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Le distrazioni di Omero erano poche. Il sabato pomeriggio andava a vedere qualche film d'azione e la domenica, quando il Grosseto giocava in casa, andava sempre allo stadio.
Di donne nella sua vita nemmeno l'ombra. Non si era mai sposato né fidanzato, troppo timido per qualsiasi approccio con l'altro sesso.
Trasferendosi in città avrebbe potuto vedere qualche film in più ma soprattutto, ora che aveva raggiunto la tranquillità economica, si sarebbe tolto lo sfizio che più di ogni altro desiderava: la televisione a colori, arrivata in Italia da una decina d'anni. Con il nuovo elettrodomestico avrebbe visto i film a colori e, soprattutto, il calcio. Era l'autunno del 1977 ed il mondiale in Argentina era alle porte. Omero decise che l'avrebbe visto a colori. Così andò nel più rinomato negozio di elettrodomestici della sua città per acquistare la migliore tv in commercio. Per l'occasione era passato dall'ufficio postale ed aveva ritirato due milioni di lire in contanti: venti banconote da centomila lire! La zecca dello Stato aveva da poco messo in circolazione la nuova banconota di questo taglio, quella che sarebbe passata alla storia come la "Botticelli" perché sulla sua parte anteriore era raffigurata la Primavera del pittore fiorentino. Le banconote erano nuovissime. Quando i soldi sono nuovi la loro superficie è liscia ed emanano, inoltre, un odore particolare. Quel profumo ad Omero piaceva, così come la sensazione tattile di quelle banconote, che contò e ricontò più volte prima di uscire di casa. Una volta arrivato in negozio andò subito al sodo e chiese quali erano le migliori tv in commercio. Il commesso lo portò davanti a un Sony Trinitron a 29 pollici. Omero si mise davanti al modello esposto che, guarda caso, trasmetteva le immagini di una partita, rimanendo colpito dalla vivacità del verde del campo da gioco. Senza perdere troppo tempo, disse: "Lo compro!", accordandosi velocemente per la consegna. Al momento di pagare, rifiutò sdegnato la proposta di un finanziamento, e tirò fuori il rotolo di pezzi da centomila lireche conservava in tasca. La tv veniva un milione e seicentomila lire che Omero pagò senza battere ciglio e con somma soddisfazione, lasciando alla cassa del negozio sedici "Botticelli" freschi di stampa. Una volta fuori dal negozio, si sentì un uomo soddisfatto e inviò una preghiera di ringraziamento a sua zia Angelina. La settimana dopo gli avrebbero consegnato la tv e lui decise che quel giorno non avrebbe lavorato. I campi di Cupi potevano aspettare.
Nell'attesa della televisione si affacciò sulla tromba delle scale e vide salire la sua vicina di casa: la signorina Elisabetta Maier che stava rientrando dal lavoro. La conosceva da anni, avendola incrociandola spesso quando veniva a trovare la zia Angelina a Grosseto. La signorina Maier era una sua coetanea che aveva convissuto per anni con la madre, anch'essa morta di recente come sua zia. Omero era attratto da sempre dalla donna. La considerava molta bella e sua zia, annusando qualcosa, aveva provato a farli conoscere meglio ma Omero era bloccato davanti a lei. La signorina Maier aveva studiato e faceva la maestra elementare e verso di lei Omero aveva anche un senso d'inferiorità.
"Buongiorno Omero, oggi non lavora?"disse Elisabetta trovandoselo davanti sul pianerottolo.
Omero rimase come paralizzato e rispose con un semplice "No, oggi no."
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Nel mentre, squillò il campanello, gli stavano per consegnare la tv.
" Mi scusi– disse la Maier – aspetta visite?"
"No, nessuna visita. Cioè, forse sì….mi devono consegnare la tv" rispose Omero un po' mbarazzato ma anche fiero, sapendo che la signorina Maier non possedeva ancora un apparecchio a colori. Una volta, infatti, era entrato a casa sua per ripararle una tapparella ed aveva notato un vecchio apparecchio in bianco e nero col trasformatore.
Mentre i due continuavano a dialogare, salirono al piano i tecnici del negozio che portavano il voluminoso imballo del Sony Trinitron da 29 pollici. "Omero – esclamò la vicina – ha comprato la tv a colori! Complimenti. Qualche volte m'inviterà a vederla."
Quelle sei parole aprirono in due Omero e lo frastornarono più dell'arrivo della tv: "Qualche volte m'inviterà a vederla."
Così mentre i tecnici tiravano fuori dal cartone l'oggetto che più di ogni altro aveva desiderato da anni, le parole della signorina Maier gli rimbalzavano nel cervello come palline di un flipper impazzito.
Dopo poco rimase solo con la tv, accomodato sulla poltrona dove la sua adorata zia si era seduta per anni. Davanti a lui troneggiava il Sony e in mano aveva il telecomando. Non ne aveva mai usato uno ma maneggiandolo convenne che fosse una delle più geniali invenzioni dell'uomo.
Il giorno dopo era un sabato, sabato 15 ottobre, e in tv nel primo pomeriggio avrebbero trasmesso la partita Italia-Finlandia. Gli azzurri si giocavano la qualificazione al mondiale con l'Inghilterra ed era necessario battere i finlandesi con un ampio scarto di gol in previsione di un possibile arrivo a pari punti con i britannici. Da poche settimane Enzo Bearzot era diventato il commissario tecnico della nazionale dopo un interregno con Fulvio Bernardini. A loro due era stata affidata la nazionale dopo il disastroso mondiale in Germania nel 1974. A una leggenda vivente come Bernardini ed al giovane Bearzot, cresciuto nei ranghi federali come voleva all'epoca i vertici del calcio nazionale. Insieme ringiovanirono e ricostruirono la squadra azzurra. Poi Bernardini, anche per l'avanzare dell'età, lasciò la guida al solo Bearzot. Quella partita contro la Finlandia era il battesimo del fuoco per l'allenatore friulano.
Omero era emozionato davanti alla tv per assistere alla sua prima partita a colori. L'Italia era costruita sul blocco della granitica Juventus trapattoniana (Zoff, Tardelli, Gentile, Causio e Bettega) con innesti del Torino (Mozzini, Zaccarelli e Graziani), grande avversario dei bianconeri in quel periodo, e la presenza di capitan Facchetti e del giovane Antognoni.
L'Italia sul campo sembrava volesse onorare la prima volta a colori di Omero con un roboante 6 a 1 con poker di Bettega, accompagnato da un gol a testa di Graziani e Zaccarelli. Tra un gol e l'altro, però, Omero ripensava a quello che gli aveva detto il giorno prima la signorina Maier: "qualche volte m'inviterà a vederla".
Perché si era rivolta così nei suoi confronti? Per prenderlo in giro? Per cogliere un suo invito?
Omero era confuso e dopo la partita guardò sul giornale cosa avrebbero trasmesso sul primo canale quella sera. Il sabato era dedicato a "Noi…no", varietà televisivo con Sandra Mondaini e Raimondo Vianello. Alla signorina Maier sarebbe piaciuto sicuramente. Avrebbe potuto suonarle alla porta e proporle un invito ma sentiva che non ce l'avrebbe fatta a percorrere quei pochi metri che lo separavano dal pulsante posto sopra la scritta MAIER.
Decise allora di fare due passi per calmarsi. Così mentre richiudeva la porta dietro di sé, sentì aprire quello della vicina che lo salutò cordialmente: "Omero, come va la televisione? L'ha vista la nazionale?"
"Certo. Una gran bella partita. Ma l'ha vista anche lei?"
"Sì, quando gioca la nazionale la vedo sempre. E' un'abitudine che mi ha trasmesso mio padre."
A quel punto, Omero capì che doveva buttarsi all'attacco. A dargli coraggio fu forse la larga vittoria dell'Italia, la voce di Martellini, che ascoltata con i colori gli era sembrata ancora più bella, o il volto di Facchetti che durante gli inni l'aveva colpito più del solito. Fatto sta che Omero trovò la forza che non aveva mai avuto prima e chiese a Elisabetta: "Le piacciano la Mondaini e Vianello?"
"Sono i miei comici preferiti?" rispose la donna.
Partì così un effetto domino che condusse prima all'invito per vedere il programma a casa sua, al quale ne seguì un altro per il sabato successivo. La signorina Maier replicò con un pranzo a casa sua per la domenica seguente. In pochi mesi passarono dal lei al tu e le loro solitudini si avvicinarono. Arrivò l'estate e, insieme alla bella stagione, i mondiali in Argentina e la maledetta partita contro l'Olanda, quella dove l'Italia perse l'occasione di giocare la finale contro i padroni di casa per due gol da lontanissimo di Brants e Haan.
Una volta spenta la televisione, al momento di salutarsi dopo la partita, Omero capì che la strada del coraggio, che già l'aveva ripagato era l'unica da seguire. Così, come era stato stimolato mesi prima dall'esaltante partita dell'Italia contro la Finlandia, ora era forse influenzato dall'Olanda, maestra del calcio d'attacco. Omero sferrò l'attacco decisivo e, col monumentale Sony Trinitron a fare da testimone virtuale del suo gesto, chiese: "Elisabetta, mi vuoi sposare?"
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