I Mondiali sono appena finiti ma il libro di Fabio Licari ci fa ripiombare nell'atmosfera della rassegna iridata, definita come "un cortocircuito di emozioni, ricordi personali, fatti storici ed episodi celati nelle pieghe della storia". La recensione, per Il Catenaccio, a firma di Marco Fontanelli.
TITOLO: Storie e misteri dei Mondiali di calcio. Le verità non (sempre) raccontate.
AUTORE: Fabio Licari
CASA EDITRICE: Diarkos
1^ EDIZIONE: 2022
PAGINE: 272
PRESENTAZIONE DEL LIBRO
«I Mondiali non sono soltanto calcio: sono un cortocircuito di emozioni, ricordi personali, fatti storici ed episodi celati nelle pieghe della storia». Queste parole di Fabio Licari – riportate nell'introduzione ed anche nella quarta di copertina – contengono l'essenza del libro, rendono quindi in modo vivido al lettore il sentiero che percorrerà tra le pagine di questo libro.
È innegabile che il mondiale rappresenti un qualcosa di speciale per tutti gli appassionati di calcio – lo scrittore lo definisce addirittura come un qualcosa di «irresistibile» –, è quasi come un segno caratterizzante le varie fase della nostra vita, dato che è un evento che si presenta ogni quattro anni.
Fabio Licari apre l'introduzione con una frase che, a mio avviso, offre ad ognuno di noi l'opportunità di viaggiare indietro nel tempo con la mente fino all'anno in cui abbiamo vissuto consapevolmente i nostri primi Mondiali, permettendoci di riesumare i nostri ricordi legati a quel preciso momento storico. Questa operazione mentale, tuttavia, può essere compiuta con qualsiasi edizione dei Mondiali, perché ognuna di queste avrà per noi un significato speciale, particolare, unico.
Con chi ho visto le partite? Quali ricordi e legami ho o avevo con le persone con cui ho seguito quei Mondiali? Quanti anni avevo? Quante e quali storie o aneddoti sono legati a quel preciso momento storico? Queste sono alcune delle "domande guida" con cui posso ricostruire un determinato periodo della mia vita, e tutto questo può essere possibile utilizzando come punto di riferimento, come faro in mezzo al mare, un mondiale di calcio. Come ho accennato, Licari attribuisce un significato speciale al primo mondiale seguito con consapevolezza da ognuno di noi. È proprio quello che, a suo avviso, segnerà in modo indelebile tutti quelli a seguire. A questo proposito, vi riporto le parole da lui utilizzate:
«C'è sempre un mondiale "più mondiale" nella vita di ognuno di noi. È il primo, quello che segna tutti gli altri. Il primo visto consapevolmente, intendo. Da quel giorno i racconti del campo, dei campioni e degli sconfitti s'incroceranno irreversibilmente con le nostre storie più personali, e non sempre sarà facile distinguere il fatto dall'"io c'ero". Per fortuna».
Come si può desumere da queste prime osservazioni, in questo libro il lettore non troverà una cronistoria delle partite di ogni singola edizione dei Mondiali. L'obiettivo dell'autore è un altro. Licari vuole far vedere come dietro ad una semplice partita di calcio vi sia un intreccio di storie personali, di vicende politiche, di aneddoti, di memorie storiche di cui spesso poche persone sono a conoscenza. L'autore vuole quindi presentarci la storia dei Mondiali da una prospettiva diversa e per certi versi inedita.
Licari suddivide il proprio libro in trentuno capitoli, all'interno dei quali illustra uno o più episodi legati ad ogni singola edizione dei Mondiali. Parte raccontando i primi disputati in Uruguay nel 1930, per poi arrivare fino ai penultimi del 2018 in Russia. Di quelli disputati in Qatar questo autunno fa soltanto un piccolo accenno nella Conclusione, visto che il libro è uscito questa estate.
Qatar 2022: dopo tante parole, rimangono i fatti - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo
Dopo tante polemiche sui diritti civili, Francia-Marocco e Argentina-Croazia si sfideranno per la vittoria finale in Qatar. Quale sarà la storia migliore dei mondiali?
Fabio parla delle difficoltà legate al lungo viaggio in Uruguay delle squadre partecipanti nel 1930, e la vicenda dell'arbitro che non voleva arbitrare la finale di quella edizione; dei due Mondiali vinti dall'Italia durante il periodo fascista (Italia 1934 e Francia 1938); della "battaglia di Santiago" (Cile 1962); della coppa persa e poi ritrovata nei Mondiali inglesi del 1966; della discussa telecronaca di Nicolò Carosio a Messico 1970; della "partita che non esisteva" tra Cile e URSS per la qualificazione ai Mondiali tedeschi del 1974; della previsione contenuta nel fumetto del maggio 1974 Paperino ai Mondiali; della partita tra Germania Ovest e Germania Est del 1974, simbolo anche della sfida tra blocco occidentale e sovietico nel clima di Guerra fredda; dello sceicco che annullò un gol a Spagna 1982; della partita tra Iran e Stati Uniti a Francia 1998, dove in gioco c'erano anche vecchi attriti politici; del polpo Paul divenuto famoso ai Mondiali in Sudafrica del 2010; etc …
Queste sono solo alcune tracce delle storie analizzate e raccontate da Fabio Licari nel libro, e da queste si può già notare che il suo intento è stato quello di andare ben oltre la semplice narrazione calcistica, come ho già accennato in precedenza.
Dal libro emerge, inoltre, con nettezza la passione di Fabio per il mondo del calcio, a 360 gradi, ed in particolar modo per i Mondiali. A testimonianza di ciò, ed in particolar modo dell'intreccio tra storie mondiali e storie personali, chiudo la presentazione del suo libro riportando un estratto dell'introduzione da lui stesso scritta:
«Non ho saltato neanche una partita (come nel 1982). Per la verità, una l'avevo sacrificata sull'altare di un cinema, il primo film pioneristico dell'Uomo Ragno, altro must del tempo: era Francia-Ungheria 3-1, il 10 giugno, scusami Platini. Ma al ritorno a casa non era ancora cominciata! Ma come? Eh, le due squadre si erano presentate con la stessa maglia e quindi gli organizzatori erano andati in cerca di una divisa diversa in città. Da non crederci. La Francia giocò con le strisce bianco e verdi del Kimberley, club di Mar del Plata. Quarantacinque benedetti minuti di ritardo. Altro episodio indelebile. E una meraviglia di Mondiale, per me almeno».
Marco Fontanelli
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