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Ultimo tango a Doha

L'Argentina non è la corazzata che molti immaginavano e adesso Lionel Messi deve provare a trasformarsi in condottiero. Per portare a casa un Mondiale che è quasi una piccola ossessione.

Lionel Messi ha un'ossessione. Non tanto quella di passare alla storia come il miglior giocatore di tutti i tempi, semplicemente perché un calciatore argentino non penserà mai di poter diventare più grande di Maradona. L'ossessione di Messi è quella di vincere un Mondiale. C'era andato vicino nel 2014 in Brasile nella finale persa ai supplementari contro la Germania, anche se il Mondiale di Messi doveva essere quello del 2010 in Sudafrica. In quella stagione era giovanissimo ma, per assurdo, già esperto, forte delle stagioni più belle del Guardiolismo dove gli era stata cucita addosso una squadra di fenomeni al suo servizio. In più la Seleccion era fortissima. O meglio avrebbe potuto essere fortissima se al genio di Messi fossero stati uniti gli eroi del fresco triplete interista: Zanetti, Samuel, Cambiasso e Milito. Ma le scelte di Maradona, all'epoca sulla panchina dell'albiceleste, premiarono i suoi amici come Martin Palermo confinando in panchina un Milito in stato di grazia insieme a Samuel (forse il miglior difensore del mondo in quel periodo) e non convocando neppure Zanetti e Cambiasso, quest'ultimo a vantaggio del modesto Bolatti.In quella squadra, poi, c'erano assi come Mascherano, Higuain, Tevez e Di Maria. Questi fenomeni, però, non erano al servizio di Lionel, che per rendere al meglio, ha bisogno di un abito su misura com'era il suo Barcellona. Così Messi si ritrovò a fare il condottiero, ruolo che pur rispettando la sua immensa grandezza non gli si confà. Un condottiero era Diego che si esaltava ancora di più se la ciurma che aveva al suo fianco era composta solo da onesti bucanieri. Facciamo un inciso. Questo discorso non vale per il primo scudetto del Napoli, non vorremmo unirci alle offensive parole di Cassano che aveva definito quella rosa composta da scappati di casa. Il Napoli del primo scudetto era formato da grandi giocatori trascinati da una divinità. In nazionale, invece, Maradona non trovò Argentine fortissime. Sia quella vincente del 1986 che, soprattutto, quella che trascinò lui stesso in finale nel 1990.

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Il cerchio è una figura chiusa - Il Catenaccio - Web Magazine Sportivo

Gli ultimi con Messi e Cristiano Ronaldo, i primi d'inverno. I primi in mezzo alla stagione di calcio, gli ultimi, si spera, con discriminazioni e diritti civili negati. I Mondiali di Qatar 2022 hanno già fatto la storia. In tutti i sensi. 

La differenza tra Maradona e Messi è principalmente questa. Messi, per esaltare la sua grandezza, ha bisogno di uno smoking da portare alle serate di gala. Lo smoking era la sontuosa architettura del centrocampo del Barca fondata su Iniesta e Xavi. Oseremmo quasi dire che il tiki-taka è stato creato per stordire l'avversario e lanciare Messi verso la porta. Maradona era al tempo stesso smoking e tuta da lavoro, pennello e piede di porco, sinistro fatato e mano di Dio. Anche se il termine giusto per inquadrare "el diez" nella storia del calcio è "inarrivabile". Ma tornando a Messi, la pulce atomica non ha questa ambizione, non si crede un semidio come Cristiano Ronaldo. Al 10 dell'Argentina basterebbe un Mondiale e quest'anno, come scrivono e dicono tutti e sa anche lui, è l'ultima occasione. Così, la sconfitta con l'Arabia Saudita allontana ancora di più Messi e i suoi compagni da questo sogno, per la pochezza dell'avversario che ha messo a nudo la pochezza stessa dell'Argentina, ritenuta da molti una favoritissima. Il re è nudo si direbbe, parafrasando Andersen (a proposito di Danimarca e danesi, sono stati troppo timidi con la Tunisia nella partita iniziale del loro girone), ma è nudo anche Di Maria che alla Juventus non si stava risparmiando, come dicevano i maligni, facendo il malato immaginario. Di Maria sembra solo arrivato al capolinea dopo una carriera straordinaria.

Ecco, ora che tutto sembra perduto, Messi si deve vestire da Maradona. La sua squadra non è la corazzata che molti immaginavano ma lui deve provare a trasformarsi in condottiero. Deve farlo per se stesso e anche per Diego, per dedicare al suo mito e al suo Paese questo titolo.

Chi invece sembra trovarsi a suo agio nei panni della favorita è la Francia che, pur decimata dalle assenze, su tutte Benzema e Kanté, ha, dopo un attimo di paura iniziale, stritolato l'Australia. Les blues sono fortissimi e Mpappé sembra lanciato a volersi prendere lo scettro di miglior giocatore del mondo per il prossimo decennio (Haaland permettendo). In più, il Milan ha regalato ai francesi un Giroud in gran forma. Il centravanti ha raggiunto in vetta alla classifica di tutti i tempi della nazionale una leggenda come Henry e, quasi sicuramente, lo supererà a breve. L'esperienza milanista di Giroud dovrebbe insegnare qualcosa a molti campioni: è meglio una panchina dorata e ricca in Premier League o fare il titolare in un'altra grande squadra europea? 

Roma, dove eravamo rimasti?
Dizionario Romanista: Esaurito
 

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